Fast Food, Fast Fashion e il Fast Web?
Curioso come in pochi ancora si chiedano quale sia l’impatto sull’ambiente di uno sviluppo superficiale e non ottimizzato dei siti web
In un’epoca ormai segnata inevitabilmente da una sensibilità ipercorretta, sempre più woke, e dall’attenzione a tutto ciò che è conscious, stride certo come, in realtà, questi importanti messaggi siano nella maggioranza dei casi veicolati da siti che producono un’impronta considerevole sull’ambiente.
Pensiamo a quanti siti stiano girando nel world wide web: mentre scriviamo sono ben 1,086,916,398, di cui solo il 18% attivi, i restanti sono dormienti.
Quanta energia che viene dissipata per tenere in piedi tutta sta roba!
Ma lo spreco in certi casi si potrebbe arginare, basterebbero alcuni accorgimenti. A cominciare dal codice con cui viene sviluppato un sito web: quanto più è “pulito”, tanto più è sostenibile, perché consuma meno energia per difendere la sua sicurezza e perché “scivola” nella rete più velocemente.
Alcune stime indicano che WordPress alimenta circa il 40% di tutti i siti web su Internet, risultando così il sistema CMS più diffuso al mondo. Il motivo di questo successo sta certamente nella facilità di uso (facile, ma non facilissimo si potrebbe dire), che rende la costruzione di un sito papabile anche per chi non è uno sviluppatore puro o un coder. Anche il fatto che WordPress sia open source, nato come piattaforma free di blog, ne ha sicuramente agevolato la popolarità. In più ci sono moltissimi plug-in che una volta installati creano qualsivoglia funzione aggiuntiva (pop-up, calendari, banner per iscrizioni…), rubando una espressione ai carrozzieri hipster, si potrebbe dire che “pimpano” il tuo sito web. Plug-in che sono la croce e delizia di questi sistemi, perché molto spesso diventano obsoleti e in ogni caso, appesantiscono e rallentano l’architettura web.
Ma tutto questo cosa c’entra con la sostenibilità? C’entra molto, perché WordPress, proprio in virtù della sua popolarità, è anche un sistema vulnerabile e quindi fa spendere molte energie e risorse economiche per la sua difesa.
Tuttavia risulta davvero ostico trasferire il concetto che il web sostenibile difficilmente passa da uno sviluppo inconsulto e poco professionale. Proprio come il fast food o il fast fashion, il fast web è cheap, easy e appunto fast. Un vestito sartoriale ha tempi lunghi di gestazione, utilizza tessuti di pregio e quindi è molto costoso. Certo però inquina meno, perché dura di più e ottimizza gli sprechi.
Sono numerosissimi i siti di associazioni no profit, di movimenti e comitati realizzati con questa tecnologia così inquinante, tanto più se utilizzata in modo improprio.
Però potete cominciare a cambiare le cose. Come? Eccovi alcuni tips:
- esigete un sito compilato con un codice pulito, esente da plug-in e artificiosità;
- pensate al web come a un giardino ordinato e utilizzabile da tutti: dovete facilitarne la pulizia e la fruibilità;
- scegliete hosting e sistemi DNS che utilizzino tecnologia pulita;
- non pensate che solo un sito WordPress possa essere indicizzato al meglio: la fuffa è fuffa, il successo si raggiunge con le giuste strategie che fanno parte di un ragionamento strutturato di comunicazione e di marketing, che nessun plug-in vi può fornire;
- verificate la carbon footprint del vostro sito, online ci sono molti calcolatori, per noi questo è tra i più affidabili;
- investite sulla vostra sostenibilità digitale, ci sono soluzioni anche economiche per realizzare un ottimo sito, gestibile e aggiornabile.
Considerando che l’impatto dell’industria IT sul mondo è in costante crescita
indirizzatevi verso una digital sobriety che è parte di un comportamento umano corretto in generale, perché la sostenibilità delle vostre scelte non può escludere la vostra parte della vita - ormai quasi la maggiore - che si svolge in digitale.
”Il web è più una creazione sociale che tecnica. L’ho progettato con uno scopo sociale, aiutare la gente a lavorare in gruppo, non come un giocattolo tecnologico. L’obiettivo finale è quello di sostenere e migliorare la nostra esistenza sulla terra replicandola sul web”
Tim Berners Lee
(c’è poi tutta la questione dello sviluppo bulimico di tecnologia tramite AI, ma merita un articolo a parte)